Intervista al Dr. Tommaso Lupattelli
Il piede diabetico è una grave complicanza cronica del diabete. Si tratta di uno stato patologico determinato dalla neuropatia e dalla arteriopatia, tipiche condizioni conseguenti alla malattia metabolica d’origine.
Ne parliamo con il Dr. Tommaso Lupattelli, radiologo interventista e chirurgo vascolare, esperto di tale patologia ed in particolare della rivascolarizzazione dell’arteriopatia diabetica.
Dr. Tommaso Lupattelli, perché la neuropatia è pericolosa per i piedi in chi soffre di diabete?
La neuropatia è un’affezione che colpisce le terminazioni nervose ed è estremamente grave per i piedi di un paziente diabetico. Il soggetto, infatti, avvertendo meno dolore in presenza di una ferita al piede, continua a camminare.
Dr. Tommaso Lupattelli, questo peggiora il problema?
Certamente sì. Da una piccola lesione si viene a creare in poco tempo una ferita sempre più grande che, degenerando, forma ulcere sanguinanti, infezioni o cancrena.
A far precipitare velocemente il quadro subentra una marcata riduzione dell’apporto di sangue al piede dovuta all’occlusione delle arterie dell’arto inferiore.
Quali sono i sintomi tipici del piede diabetico?
I sintomi più comuni che accompagnano il piede diabetico sono crampi al polpaccio o al piede. Essi indicano generalmente una riduzione dell’apporto di sangue.
Inoltre, le piccole ferite ai piedi non riescono a cicatrizzare facilmente. La cute del piede si presenta pallida, fredda, lucida, sottile e secca.
Si ha la sensazione di avere costantemente i piedi freddi, con frequenti calli nella pianta del piede o tra le dita. Inoltre, si avverte gonfiore di piedi e caviglie, turgore venoso.
Nei casi più gravi può verificarsi un forte dolore al piede a riposo che richiede un ricovero urgente.
Dr. Tommaso Lupattelli, come si arriva alla diagnosi di piede diabetico?
In primo luogo, il medico eseguirà una visita accurata, tenendo conto dell’anamnesi del paziente.
L’esame consiste innanzitutto nella valutazione della temperatura corporea del soggetto, battito cardiaco e pressione arteriosa.
Si verificano poi la sensibilità e la circolazione degli arti, valutando i polsi arteriosi all’inguine, al polpaccio e al piede.
Oltre alla visita?
Si eseguono, inoltre, analisi del sangue al fine di verificare la presenza di infezioni.
Radiografia del piede, eco-color doppler agli arti inferiori e misurazione della pressione transcutanea di ossigeno al piede sono esami che possono essere indicati per completare la diagnosi.
Veniamo alle cure che in prima battuta non sono chirurgiche, vero?
Esattamente. Si deve porre immediata attenzione nella cura del piede diabetico, al fine di evitare l’insorgere di ulcere plantari e, nel caso d’infezione in corso, cercare di risolverla nel più breve tempo possibile.
Importante è eseguire una visita specialistica per un eventuale plantare o scarpa ortopedica, ausili che riducono l’appoggio del piede in maniera scorretta.
Dr. Tommaso Lupattelli, quando è necessario intervenire con la chirurgia?
In caso di ischemia, quindi di occlusione dei vasi arteriosi dell’arto inferiore, si procede alla rivascolarizzazione chirurgica o endovascolare.
Il numero di interventi per la rivascolarizzazione di un arto ischemico hanno registrato un forte incremento negli ultimi anni.
I pazienti diabetici con ischemia critica dell’arto inferiore presentano una forte localizzazionedelle lesioni sotto il ginocchio.
Le tecniche di rivascolarizzazione chirurgica e endovascolare come l’angioplastica a palloncinosono sempre più utilizzate a livello mondiale.
In questo modo il salvataggio d’arto è garantito?
Specificatamente, riguardo l’angioplastica, l’esecuzione di successo di questa tecnica in almeno un vaso di gamba garantisce quasi sempre il salvataggio dell’arto, evitando quindi un’amputazionesopra la caviglia.
E’ comunque fondamentale sottolineare l’estrema importanza di una tecnica di rivascolarizzazione eseguita da mani esperte.
Conta la tecnica, ma conta anche l’abilità dell’operatore…
Certamente sì. In questa ottica, la buona esperienza dell’operatore, associata alla capacità di rivascolarizzare in maniera efficace anche più di un vaso di gamba nello stesso arto, può comportare un sensibile aumento del successo clinico.
Ciò avviene in particolare se al trattamento del segmento infrainguinale viene associata, quando necessaria, una rivascolarizzazione efficace dei vasi di gamba e del piede.
Ringraziamo il Dr. Tommaso Lupattelli, radiololgo interventista, per la collaborazione fornita.